Le vetrate "speciali"

nella prevenzione del furto e dell’incendio

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Le varie tipologie di vetri antinfortunistico, anticrimine o con caratteristiche balistiche.

I vetri speciali con caratteristiche di resistenza all’incendio

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La necessità di difendere la proprietà da una criminalità sempre più agguerrita, spietata e, spesso, ben organizzata, costringe molte persone a dotare l’abitazione, il negozio, l’ufficio, di sistemi antifurto elettronici, grate antintrusione, porte blindate ecc.

Spesso però, a causa di vincoli architettonici o di regolamenti condominiali, non è possibile applicare cancellate o grate alle finestre del nostro appartamento. Quando non è consentito variare l’estetica dell’immobile la soluzione non può essere che una: l’applicazione di vetri "anticrimine". Non è certo la più economica ma, per quanto riguarda l’estetica, i risultati sono ineccepibili.

Ho usato la denominazione "anticrimine" al posto del ben più diffuso termine "antisfondamento" per una ragione ben precisa, che vedremo più avanti.

Oggi l’industria vetraria ci offre una vasta gamma di materiali trasparenti che spaziano dal semplice vetro antinfortunistico fino allo stratificato con caratteristiche di resistenza antiproiettile.

Avere una conoscenza almeno per sommi capi di quanto esiste nel settore, ci metterà nelle condizioni migliori per comprendere ciò che un installatore ci potrebbe offrire, non già per sostituirci ad esso, ma per integrare le informazioni che ci potrà fornire. Nel settore della sicurezza, infatti, non è mai opportuno agire da soli, senza il supporto di una persona sicuramente competente. Ci si potrebbe trovare nella pericolosa situazione di ritenersi del tutto sicuri senza esserlo realmente, uno stato di cose potenzialmente foriero di gravi conseguenze.

Cercheremo, pertanto, di conoscere meglio le varie tipologie di vetro soffermandoci soprattutto su quelle che riguardano la prevenzione dell’infortunio, del crimine, dell’attentato portato con armi da fuoco e, strano ma vero, dell’incendio.

Effettivamente usare delle vetrate come barriere antincendio o come tagliafuoco può, a prima vista, sembrare un assurdo a causa del basso punto di fusione del vetro ed anche della sua conducibilità termica per irraggiamento. Infatti, come vedremo più avanti, non si tratta di un vetro comune ma di uno speciale assemblaggio con particolari caratteristiche.

La fabbricazione delle lastre di vetro:

Il vetro è un materiale inorganico e amorfo fragile e trasparente ottenuto per fusione a partire da una sostanza vetrificante costituita da sabbia di silice.

Una sorprendente caratteristica del vetro è il particolare stato di aggregazione delle sue molecole, detto "stato vetroso", la cui disposizione nello spazio è disordinata e casuale come quella propria dei liquidi. Tecnicamente, infatti si considera il vetro come un liquido dalla viscosità talmente elevata che le molecole non riescono più a scorrere le une sulle altre.

A determinare questa insolita caratteristica è la struttura della silice che, come ho già detto, è il costituente principale del vetro. Ogni atomo di silicio (SiO2) è circondato da quattro atomi di ossigeno disposti ai vertici di un tetraedro.

Nei vetri comuni, per "allentare" la struttura compatta della sabbia di silice, ed abbassarne il costo di produzione, vengono miscelati dei metalli alcalini, quali la soda o la potassa, sotto forma di solfato o di carbonato, che contribuiscono anche ad abbassare il punto di fusione della miscela vetrificante. Oltre a queste due sostanze, chiamate "fondenti", viene aggiunto uno "stabilizzante", costituito da carbonato di calce, avente lo scopo di conferire al vetro resistenza all’azione dilavante dell’acqua.

Infine, nella composizione del vetro, entrano alcune altre sostanze destinate a conferirgli peculiarità diverse (fisico-meccaniche, estetiche, ottiche ecc.) a seconda della sua utilizzazione in settori quali quello edile piuttosto che in quello degli strumenti ottici o degli oggetti d’uso comune.

Le materie prime di cui sopra vengono accuratamente calcolate e pesate prima di mescolarle intimamente, allo scopo di ottenere una miscela perfettamente omogenea. Il passo successivo consiste nel portare il miscuglio a fusione in forni a crogiolo o a bacino.

Poiché i primi sono impiegati per le produzioni di piccole quantità destinate alle lavorazioni artigianali, ci interesseremo soltanto dei secondi.
Nel disegno seguente, possiamo vedere i quattro principali sistemi di produzione industriale delle lastre di vetro.

(Fra breve inserirò un disegno sui metodi di fabbricazione)

La produzione industriale delle lastre di vetro:

 

Legenda: (valida per tutti e quattro i sistemi qui riprodotti) A: massa di vetro fusa, B: rulli laminatori. C: ( disegno in basso a destra) Sabbia silicea dell’infornata, D: resistenze elettriche di riscaldamento, E: Stagno fuso, F: lastra di vetro trasportata dagli appositi rulli.

 

La produzione delle lastre di vetro su scala industriale, attualmente ha luogo mediante due tecnologie produttive, dette a “vetro tirato” ed a “vetro colato”.

Nel primo caso la massa vetrosa viene portata ad una temperatura, e quindi ad una viscosità, opportuna facendola poi passare attraverso dei rulli laminatori che la “tirano” consentendo di ottenere delle lastre dello spessore voluto.

I sistemi principali per la produzione di lastre tirate sono il Fourcault, il Libbey-Owens ed il Pittsburg.

Nel primo caso il vetro viene tirato verticalmente attraverso un macchinario fino ad un’altezza di circa 12 metri e fatto passare attraverso coppie di rulli dove si raffredda gradualmente finché, alla sommità, può essere tagliato ed asportato.

Nel Libbey-Owens il vetro viene tirato direttamente dal forno di fusione salendo per circa un metro e piegandosi poi su un cilindro da dove prosegue orizzontalmente per essere laminato e raffreddarsi attraverso una galleria lunga una sessantina di metri.

Nel terzo sistema, il Pittsburg, il vetro viene tirato dal forno, come nel caso precedente, ma poi avanza verticalmente come nel Fourcault.

La seconda tecnologia produttiva, quella a “vetro colato”, è quella che ci interessa più da vicino poiché con tale sistema vengono attualmente prodotte le lastre di vetro di cui si parla nel presente articolo.

In questo procedimento, tecnicamente denominato “Float”, la lastra si forma per galleggiamento su un bagno di stagno fuso in atmosfera inerte, quindi con la superficie inferiore a contatto con detto metallo, mentre la superficie superiore viene spianata successivamente mediante pulitura a forno.

In tal modo la lastra non necessita di ulteriori lavorazioni di finitura.

Il processo di raffreddamento, che avviene nella parte destra del disegno, in questo caso, prende il nome di ricottura o di tempra.

 

Aggiungo che, al raggiungimento della temperatura di fusione, si ha la dissoluzione della silice e dei composti altofondenti nella massa fusa poi, ad una temperatura superiore, avviene l’eliminazione delle bolle di gas generate dalla decomposizione e disidratazione di alcune fra le sostanze introdotte nella miscela. Tale procedimento è facilitato dall’aggiunta di sostanze affinanti, dopodiché la massa vetrosa viene raffreddata gradualmente in modo da portare la sua viscosità ad un valore opportuno per la particolare lavorazione alla quale dovrà essere sottoposta.

Il processo di raffreddamento deve essere lento, in relazione al tipo di vetro ed allo spessore del prodotto finito, per evitare che, a causa della cattiva conducibilità termica di questo materiale, differenze di temperatura all’interno della massa provochino l'instaurarsi di tensioni con conseguente possibilità di rotture della lastra. Una nota importante: Con la denominazione largamente diffusa, anche se impropria, di "cristalli" si intende un prodotto vetrario in lastre piane, con facce parallele, ottenuto per colata su bagno metallico in atmosfera controllata. (Vedi, nel disegno precedente, il procedimento "Float").

Il vetro temprato:

Ho appena detto che le lastre di vetro debbono essere raffreddate in modo molto graduale. A ciò fa eccezione il vetro cosiddetto "temprato" nel quale si introducono particolari tensioni allo scopo di conferirgli speciali caratteristiche di resistenza più elevate, in particolare alla flessione.

Esistono almeno tre tecniche di tempra del vetro, ma qui prenderemo in considerazione soltanto la più comune, ossia quella termica: La lastra, già tagliata a misura e con gli spigoli lavorati almeno a filo grezzo, viene sospesa, mediante apposite pinze, ed introdotta in un forno elettrico ove viene prima riscaldata ad una temperatura prossima allo stato di rammollimento, e quindi priva di alcuna tensione, poi viene estratta dal forno e raffreddata bruscamente.

Avvenendo ciò ad una precisa temperatura chiamata di "transizione vetrosa", la superficie esterna si contrae mentre l’interno, che si raffredda più lentamente, è ancora in campo viscoso. Quando poi anche l’interno si raffredda e si contrae, la superficie esterna, che è già in campo elastico, viene posta in compressione dal "cuore" che rimane invece in trazione. Questa particolare tecnica di lavorazione induce nella lastra vetrosa uno stato di tensione permanente, tale da conferirgli la caratteristica di maggiore resistenza sia meccanica che agli sbalzi termici e, di conseguenza, alla flessione.

Il vetro temprato, quando si rompe, si riduce in minuti frammenti non taglienti. La resistenza di questo materiale alla compressione e abbastanza elevata, mentre alla trazione è più modesta e strettamente connessa all’assenza di difetti.

Per dare un’idea del miglioramento delle caratteristiche di resistenza che la tempra gli conferisce, basti dire che la resistenza alla trazione è pari a 4-7 Kg/mm2, in un vetro comune, mentre il temprato arriva fino a 12-20 Kg/mm2. Per ambedue i tipi la resistenza alla compressione raggiunge addirittura i 100 Kg/mm2.

I tipi di vetro:

Proseguiamo ora vedendo gli altri tipi di vetro che interessano direttamente il tema del presente articolo: Abbiamo il vetro a sicurezza semplice, retinato o armato, il vetro cemento, i tipi stratificati con caratteristiche antivandalismo o anticrimine e, per finire, quello antiproiettile, dotato di resistenza balistica.

Il vetro retinato:

Il vetro retinato, denominato anche "armato", è un vetro colato, traslucido, ossia che lascia passare la luce pur non risultando perfettamente trasparente, nel quale viene incorporata una armatura costituita da fili metallici cromati, formanti una rete metallica a maglia saldata di forma quadrangolare con i lati di 12,5 mm. la cui funzione principale è quella di trattenere le schegge, in caso di rottura della lastra, per cui questo vetro, dal punto di vista della sicurezza, serve unicamente a limitare i danni alle persone.

Il vetro armato, nel tipo riflettente, è validamente impiegato, in edilizia, per la protezione contro l’irraggiamento solare di persone e cose, contribuendo a rendere più confortevoli i luoghi di lavoro, durante il periodo estivo, senza togliere luminosità agli ambienti nei mesi invernali. Ha inoltre un effetto ritardante nella propagazione dell’incendio, poiché la rete metallica assicura la coesione del manufatto sino a temperature dell’ordine di 600 / 700°C. (temperatura di rammollimento) nonostante la fessurazione del vetro che si dovesse verificare in tali condizioni.

Ai fini antincendio, la lastra di vetro deve essere montata nell’infisso incastrandone almeno un bordo in una apposita scanalatura, per contrastarne lo scivolamento, la cui profondità sarà determinante per raggiungere un adeguato margine di sicurezza.

E’ utile ricordare che lastre di vetro di questo tipo, di spessore adeguato e aventi una superficie di circa 1m2 , sono risultate RE 60 e talvolta addirittura RE 90, purché messe in opera nei modi opportuni (Per conoscere il significato delle sigle R, RE e REI, si veda l'apposita tabella, più avanti, nel capitolo "I vetri nella prevenzione dell’incendio").

Il vetrocemento:

Si tratta di un manufatto costituito da un’intelaiatura in cemento, armato con tondino di ferro di almeno 6mm. di diametro, che costituisce la struttura portante da inserire perimetralmente e ad ogni interasse, nella quale vengono inseriti elementi denominati "vetromattone".

L’elevata resistenza alle sollecitazioni meccaniche, nonché la capacità illuminante, permette al vetrocemento di trovare largo impiego nell’edilizia industriale e civile di tipo residenziale. E' importante non incastrare questo manufatto nella struttura muraria ma semplicemente poggiarlo a questa, per evitarne la rottura a seguito di sollecitazioni esterne quali, ad esempio, assestamenti, torsioni o deformazioni della struttura portante.

Elementi di spessore adeguato, inseriti in pareti di calcestruzzo, possono avere valori di resistenza all’incendio RE120-180 od anche REI 15. 

I vetri stratificati:

E’ giunto il momento di parlare dei vetri stratificati, ossia di quel particolare manufatto che interessa più da vicino la sicurezza anticrimine in generale; le norme UNI prevedono la suddivisione di tali vetri in quattro categorie che esamineremo una per una:

·        Sicurezza semplice o antinfortunio: Vetro con caratteristiche principalmente antinfortunistiche, tali da minimizzare il rischio di ferite in caso di rottura accidentale della lastra e prevenire il rischio di caduta nel vuoto.

·        Antivandalismo: Vetro in grado di resistere all’urto di oggetti contundenti scagliati con forza.

·        Anticrimine: Vetro in grado di opporsi, a vari livelli di resistenza, ad urti ripetuti portati intenzionalmente allo scopo di superarlo a scopi criminali.

·        Antiproiettile: Vetro in grado di resistere all’azione di proiettili sparati da armi da fuoco.

Tali denominazioni sono riferite ai risultati delle prove previste dalle norme UNI e non debbono essere confuse con vecchie denominazioni commerciali. In particolare, il termine "antisfondamento", anche se largamente impiegato nel frasario commerciale, non trova alcun riscontro nel livello di prestazione di tali lastre, pertanto è da ritenersi, in pratica, privo di significato.

Le quattro categorie di vetro appena citate sono regolamentate dalle norme UNI 7172, 9186 e 9187, che classificano caratteristiche, dimensioni e relative tolleranze, modalità di misurazione e, soprattutto, metodologie di prova per attribuire a ciascun tipo la relativa classe di resistenza. Ritengo di far cosa utile esaminando dette prove, per ogni classe.

Prima di proseguire, ritengo sia utile dare un'occhiata alla tabella che segue, che definisce univocamente le denominazioni e le caratteristiche dei vari tipi di vetro:

Estratto dal "Glossario della sicurezza" contenuto nel progetto di normativa Europea prEN 50131-1
dal quale possiamo rilevare la definizione e le caratteristiche dei vari tipi di vetro di sicurezza
oggetto del presente articolo:

Vetro antisfondamento

Vetro stratificato in cui la scelta del numero, dello spessore, della sequenza di montaggio delle lastre di vetro e dei fogli di leganti in PVB, è scelta in modo da ottimizzare le caratteristiche di resistenza allo sfondamento. In genere si usano numerose lastre di vetro di modesto spessore e fogli di PVB di spessore relativamente elevato. La classificazione dei vetri antisfondamento è guidata dalla norma UNI 9186 che prevede tre classi di resistenza. Le prove si effettuano...(omissis).

Tra i vetri stratificati antisfondamento utilizzati prima dell’approvazione della norma UNI era popolare la serie "Visarm" (nome depositato dalla Saint Gobain) che però non è un vetro antiproiettile, anche se il nome può lasciarlo credere.

Vetro stratificato

Si tratta di lastre di vetro piano, sovrapposte e rese monolitiche grazie all’interposizione di fogli più o meno sottili di un legante plastico chiamato PVB (polivinilbutirrale). La cottura in autoclave rende la struttura estremamente robusta ed in grado di resistere a tentativi di sfondamento o colpi di arma da fuoco. Si parla di vetri stratificati anche se tra le lastre di vetro vengono intercalate lastre di policarbonato, che accresce in misura sensibilissima le proprietà antisfondamento ed antiproiettile di tali vetri.

Vetro antinfortunistico

Tipologia di vetro stratificato o temperato che non ha caratteristica antisfondamento o antiproiettile. E’ un vetro che, sotto l’uso di un corpo molle (ad esempio il corpo umano), si infrange ma non produce schegge che possono produrre lesioni. Viene usato in porte a vetro ed in altre applicazioni non di sicurezza anticrimine (security), ma di sicurezza antinfortunistica. (Safety).

Vetro antiproiettile

Vetro stratificato in cui la scelta del numero dello spessore della sequenza di montaggio delle lastre di vetro e dei fogli di leganti in PVB, è scelta in modo da ottimizzare le caratteristiche di resistenza ai proiettili. In genere si usano poche lastre di vetro di elevato spessore e fogli di PVB di spessore relativamente modesto. La classificazione dei vetri antisfondamento è guidata dalla norma UNI 9187, che prevede cinque classi di resistenza...(omissis)

Vetro temperato

Vetro ottenuto mediante un particolare processo di riscaldamento e di raffreddamento. E’ utilizzabile solo in applicazioni antinfortunistiche , in quanto non ha alcuna proprietà anticrimine.

 

Vetro anti-infortunio:

La prova consiste nel sottoporre i provini di vetro, della dimensione di 194 x 88 cm. tenuti per almeno 24 ore ad una temperatura compresa fra 15 e 25°C, all’urto di un sacco di cuoio riempito di pallini di piombo del peso di 45 Kg. in caduta pendolare da un’altezza di 45 o 120 cm.

L’altezza di 120 cm. viene richiesta quando sussiste il pericolo di caduta nel vuoto e nelle vetrate esterne che abbiano la base a meno di 90 cm. dal piano di calpestìo.

L’altezza di 45 cm. viene invece adottata per i manufatti destinati semplicemente ad evitare infortuni derivanti dalla rottura della lastra.

In entrambi i casi è ammessa la rottura del provino purché il sacco non fuoriesca dal lato opposto della lastra.

Vetro antivandalismo:

La prova consiste nel sottoporre 5 provini, della dimensione di cm. 50 x 50, tenuti per 24 ore ad una temperatura compresa fra 15 e 25° C, montati in un’apposito telaio, posto in posizione orizzontale, all’urto di una sfera di acciaio del diametro di 100 mm. e del peso di 4,1 Kg. in caduta libera da un’altezza di 6,22 m. e generante un’energia di 250 Joule

Il punto di impatto della sfera, che sarà lasciata cadere una sola volta, deve coincidere con il centro geometrico dei provini in esame e la prova si riterrà superata se tutti e cinque gli stratificati relativi allo stesso prodotto, pur rompendosi, non saranno stati oltrepassati dalla sfera entro 25" dal momento dell’impatto.

Vetro anticrimine:

La prova consiste nel sottoporre 5 provini, della dimensione di cm. 60 x 90, tenuti a temperatura come nelle prove precedenti, montati in un’apposito telaio fissato ad un’apparecchiatura conforme ( vedi disegno prospettico qui sotto), all’urto di una mazza di acciaio cementato e temprato di tipo C40 del peso di 10 Kg. in caduta pendolare da un’altezza di 1,53 m. generante un’energia di 150 Joule.

 Apparecchiatura per la prova di resistenza all’urto di una massa battente:

pendola.gif

Legenda:

A: sistema di sgancio della mazza, B: Mazza, C: zona dove va fissato il telaio portaprovini, D: telaio portaprovini, E-G, guarnizioni di gomma, F: provino di vetro stratificato, H: controtelaio, I: rondelle e bulloni di fissaggio del complesso.

 

L’apparecchiatura rappresentata nel disegno prospettico qui sopra, tratto dalla norma UNI 9186, serve per provare la resistenza dei vetri stratificati antisfondamento utilizzati nelle applicazioni antivandaliche ed anticriminali, ossia quando occorrono elevate resistenze all’urto da corpi duri, assimilabili a pietre, mazze, ecc.

Il disegno è stato semplificato, rispetto al prospetto originale, allo scopo di rendere più intuitiva la lettura.

La norma stabilisce le dimensioni alle quali la macchina si deve conformare (par.6.2.1.) e le modalità di prova dei vetri; vediamone una sintesi, rimandando coloro i quali avessero necessità di informazioni più dettagliate, alla norma citata nonché alla UNI 7172 per quanto concerne i vetri stratificati.

 

La massa battente deve colpire il centro geometrico di ciascun provino, con una tolleranza di +/- 1 cm., con la faccia piatta per i primi 10 colpi e con la faccia a cuneo per i colpi successivi, fino a rottura dello stratificato con fuoriuscita della mazza per almeno cm. 1, dal lato opposto a quello di impatto. La norma prevede 3 classi di resistenza, in relazione all’energia complessiva sopportata dal provino. Vediamole nella seguente tabella, ricordando che la prova è da ritenersi superata quando tutti e cinque gli stratificati hanno resistito per il numero minimo di colpi previsto per ogni classe.

 

Classe

Colpi lato piatto

Colpi lato a cuneo

Energia complessiva

A

10

>= 6

2.400 Joule

B

10

>= 16

4.000 Joule

C

10

>= 30

6.000 Joule

 

Vetro antiproiettile:

 

I vetri stratificati aventi la denominazione antiproiettile si distinguono nei seguenti due tipi:

A) antiproiettile semplice: quando il manufatto, pur risultando in grado di arrestare i proiettili, dà origine, sul lato opposto a quello di impatto, ad una proiezione di schegge che, perforando il "testimone", ossia un foglio di cartoncino posto ad una distanza determinata dalla lastra, possono produrre delle lesioni.

B) antiproiettile ed antischegge: quando lo stratificato risulta in grado di arrestare i proiettili senza originare schegge che perforino il testimone.

I vetri di questi ultimi due tipi vengono classificati in base alla resistenza che sono in grado di offrire e non già in base al loro spessore o alla composizione dei vari strati.

Poiché i proiettili sparati dai vari tipi di armi da fuoco portatili sono compresi in una ampia gamma di energia cinetica, gli stratificati sono suddivisi in classi di resistenza che identificano le armi e le relative munizioni che sono in grado di arrestare.

Nella tabella che segue, denominata "classi di resistenza degli stratificati antiproiettile", possiamo vedere in dettaglio le caratteristiche di ciascuna di queste nonché l’energia cinetica generata dal relativo proiettile, la sua velocità, il calibro ecc.

La prova consiste nel sottoporre 3 provini, della dimensione di mm. 500 x 500, bloccati rigidamente in un telaio metallico la cui inerzia sia tale da far assorbire allo stratificato in prova tutta l’energia cinetica del proiettile. La temperatura ambientale deve essere compresa fra i 10 ed i 25 °C.

Sulla faccia opposta a quella di sparo, alla distanza di cm.5, deve essere posto il "testimone", costituito da un foglio di cartoncino dello spessore di 0,2mm. oppure da un foglio di alluminio da 0,02 mm. di spessore. L’arma da fuoco deve essere posizionata in modo che la traiettoria dei proiettili sia esattamente perpendicolare alla faccia del provino. La distanza fra la bocca della canna dell’arma ed il vetro, deve essere di 3 m. per le classi "A","B" e "C" e di 10 m. per le restanti classi.

Dovranno essere sparati in successione tre proiettili che dovranno colpire i vertici di un triangolo equilatero avente lato di 100 mm. con una tolleranza di 10mm. solo in eccesso e non in difetto. Il triangolo- bersaglio in questione dovrà essere disegnato al centro geometrico del provino in esame.

Inoltre, l’energia cinetica media dei tre proiettili non dovrà essere inferiore a quella indicata nella suddetta tabella con singoli valori di tolleranza di +/- 5%.

I vetri antiproiettile rispondenti ai requisiti sopraindicati verranno designati indicando sia la classe di appartenenza sia il riferimento UNI.

 Classi di resistenza degli stratificati antiproiettile

(Dalla norma UNI 9187)

Classe

Resistenza

Arma

Proiettile

ò

ò

Tipo

Calibro

Massa

velocità

Energia

Tipo

 

A

Vetri resistenti alla penetrazione di proiettili dotati di energia cinetica di

500 J

 

Pistola semiautomatica

 

9 Parabellum

 

7,45 gr.

 

367 m/s (*)

 

500 Joule

 

blindato ordinario

 

B

Vetri resistenti alla penetrazione di proiettili dotati di energia cinetica di

1.000 J

 

Revolver

 

357 Magnum

 

10,24 gr.

 

442 m/s (*)

 

1.000 Joule

 

blindato

 

C

Vetri resistenti alla penetrazione di proiettili dotati di energia cinetica di

1.500 J

 

Revolver

 

44 Remington magnum

 

15,6 gr.

 

439 m/s (*)

 

1.500 Joule

 

blindato

 

D

Vetri resistenti alla penetrazione di proiettili dotati di energia cinetica di

2.000 J

 

Fucile automatico leggero

 

7,62 X 39

 

7,95 gr.

 

710 m/s (**)

 

2.000 Joule

 

blindato ordinario

 

E

Vetri resistenti alla penetrazione di proiettili dotati di energia cinetica di

3.300 J

 

Fucile automatico leggero

 

7,62 NATO

 

9,45 gr.

 

836 m/s (**)

 

3.300 Joule

 

blindato ordinario

 

F

Vetri resistenti alla penetrazione di proiettili dotati di energia cinetica di

3.200 J

 

Fucile automatico leggero

 

7,62 X 39

 

9,75 gr.

 

811 m/s (**)

 

3.200 Joule

 

perforante

(*) velocità misurata a 2,5 metri dalla bocca della canna. (**) velocità misurata a 9 metri dalla bocca della canna.

 

Tecnologie produttive e di assemblaggio dei vetri multistrato:

 

I vetri stratificati si ottengono accoppiando una o più lastre di vetro con una o più lastre di policarbonato.

Il problema più arduo da risolvere nella realizzazione di questi manufatti deriva dalla notevole differenza fra il coefficiente di dilatazione del vetro e quello del policarbonato ( che d’ora in poi indicherò, per brevità, con la sigla PCB) che è di circa 7 volte quello del primo.

La soluzione è stata la messa a punto di un film appartenente alla grande famiglia chimico- organica dei poliuretani che, interposto, non solo unisce saldamente il vetro con il PCB, ma permette anche di compensare validamente la differenza di dilatazione che altrimenti avrebbe potuto provocare scollamenti fra gli strati. Il polimero usato in questo caso presenta una peculiare caratteristica detta "termoplastica" che ne provoca una diminuzione del modulo di elasticità al crescere della temperatura ossia, in parole semplici, un graduale e contenuto rammollimento. Personalmente ritengo che sia proprio questa la caratteristica che permette di compensare le differenze dei coefficienti di dilatazione fra vetro ed PCB. In effetti, il processo di fabbricazione è coperto da segreto industriale per cui non è possibile darne nemmeno una descrizione sommaria.

In generale, comunque, gli stratificati vengono realizzati attraverso le seguenti fasi: lavaggio e sgrassaggio chimico delle lastre di vetro, formazione del pacco con la stesura dei vari strati alternati alle lastre di PCB con interposizione del film poliuretanico, adesione dei vari strati tramite il passaggio in un forno a raggi infrarossi che, riscaldando il tutto ad una temperatura di 70/80° C, provoca l’espulsione di quasi tutta l’aria.

Da ultimo lo stratificato viene riscaldato a circa 140° C e sottoposto, in autoclave, ad una pressione di 10 Bar in modo da consolidare il "sandwich" espellendo tutta l’aria residua fra gli strati. Al termine del processo, che ha una durata complessiva compresa fra le 3 e le 12 ore, si ottiene un manufatto monolitico che verrà poi sottoposto al taglio mediante seghe a disco diamantato.

La resistenza ai proiettili può essere esaltata attraverso l’adozione di adeguati sistemi di assemblaggio quali, ad esempio, la sostituzione di una delle lastre di PCB del "sandwich", con un foglio di polivinilbutirrale, (che d’ora in poi indicherò, per brevità, con la sigla PVB) rivolto verso il lato da cui si presume possa provenire l’attacco, poiché questa combinazione è in grado di frantumare l’eventuale blindatura dei proiettili, sfruttando le caratteristiche di plasticità del PVB che contribuiscono a disperdere su una superficie più ampia l’energia cinetica del proiettile.

Lo stratificato avrà poi sul lato opposto, quello rivolto verso l’interno, uno strato finale di PCB per opporre una elevata resistenza alla frammentazione causata dall’impatto del proiettile sulla lastra, evitando in tal modo la violenta proiezione di schegge che potrebbero determinare il ferimento di chi si trovasse nei pressi della vetrata.

E’ utile ricordare che il PCB, introdotto sul mercato da non molti anni, conosciuto anche con le denominazioni commerciali di "Lexan" e "Macrolon", è una resina poliestere che presenta una resistenza agli urti elevatissima, al punto da potersi considerare virtualmente infrangibile. Questa resilienza elevata si mantiene stabile anche a temperature molto basse (-75° C) dove altre materie plastiche diventano assai fragili.

Possiede inoltre una trasparenza e qualità ottica molto elevate, un fattore di trasmissività per la luce del 92%, pari a quelle di un buon vetro, una elevata resistenza all’ingiallimento provocato dalla luce solare e, soprattutto, un ampio intervallo di temperatura all’interno del quale il PCB mantiene inalterate le sue qualità fisiche, tipicamente fra -75 e + 135° C in servizio continuo, mentre per brevi periodi sono ammesse temperature anche superiori.

Il carico di rottura, in trazione, si aggira sui 550/700 Kg/cm con un fattore plastico di allungamento elevatissimo: fra il 100 ed il 130%. In caso di incendio è autoestinguente (classe 1) presentando una modesta emissione di gas tossici. Infine il suo basso peso specifico di 1,18 Kg / m2 x mm. di spessore gioca a favore del manufatto finito, contribuendo a contenere il peso totale, vera bestia nera dei vetri stratificati.

Non per nulla il policarbonato trova largo impiego nella costruzione di finestrini e tettucci per uso aeronautico. Sorprende, a questo punto, che il PCB non abbia sostituito in toto il vetro nell’edilizia ed in molti altri campi. Un ostacolo a ciò è il suo prezzo relativamente elevato e, soprattutto, la sua modesta resistenza all’abrasione, anche nel tipo con trattamento superficiale antigraffio.

 

Criteri di installazione:

 

Nell’installazione dei vetri stratificati in cui prevale la caratteristica di resistenza allo sfondamento, in particolar modo sotto l’azione di ripetuti colpi di mazza, è di fondamentale importanza scegliere infissi dotati di un’adeguata battuta per l’alloggiamento della lastra.

Questi telai dovranno essere realizzati in profilati metallici con una struttura interna tale da resistere alle deformazioni e provvisti di ferma-vetri che assicurino l’inamovibilità dello stratificato sottoposto all’azione di sfondamento.

Qualora la lastra debba essere dotata anche di resistenza balistica, all’interno dell’infisso, normalmente realizzato con profilato di alluminio, dovranno essere inseriti elementi di acciaio che garantiscano una blindatura del telaio almeno pari a quella del vetro. Questo soprattutto nel caso degli stratificati compositi, che uniscono alle proprietà antiproiettile quelle di resistenza allo sfondamento.

(Sarà senz’altro utile, a questo punto, dare un’occhiata al disegno, riproducente l’installazione del manufatto in oggetto.

(Fra breve inserirò il disegno di un telaio)

Per compensare le dilatazioni termiche della lastra, dovranno essere inseriti fra quest’ultima ed il telaio degli appositi distanziali in elastomero, quali ad esempio il polietilene espanso, con uno spessore di almeno 5mm. ed una larghezza superiore a quella dello stratificato, dimensionando inoltre l’incastro in modo da lasciare un gioco di almeno 3mm. sui lati interno/esterno. Si dovrà inoltre aver cura di usare sigillanti la cui formulazione sia compatibile con il PCB, onde evitare interazioni chimiche indesiderate.

Si dovrà aver cura di effettuare dei fori di drenaggio sul lato inferiore dell’infisso, in modo da evitare il ristagno di eventuali infiltrazioni d’acqua piovana o di condensazione. Infatti il vapore acqueo generato dall’umidità, riscaldata dai raggi solari, tende a infiltrarsi fra il vetro ed il plastico originando un processo di scollamento evidenziato da macchie ramificate e iridescenti che costringerebbero alla sostituzione dello stratificato.

Ricordo infine, come siano punti qualificanti dell’installazione del manufatto finito tanto la struttura muraria, sulla quale alla fine si scaricherà l’energia cinetica dell’eventuale impatto, quanto l’ancoraggio, il telaio, i materiali di fissaggio e, infine , le lastre.

 

I vetri nella prevenzione dell’incendio:

 

Come dicevo in apertura dell’articolo, può sembrare a prima vista un paradosso usare dei vetri come barriere per limitare la propagazione di un eventuale incendio, laddove nella normale edilizia civile o industriale non è possibile evitare l’impiego di elementi come finestre, lucernari porte od elementi divisori che debbono essere trasparenti per non rendere troppo buio un locale, una zona di lavoro ecc.

Purtroppo il vetro presenta diversi inconvenienti, quando esposto all’incendio. Innanzitutto la sua trasparenza permette il passaggio del calore per irraggiamento diretto, provocando pericolosi rialzi termici negli ambienti limitrofi fino al raggiungimento della temperatura di autoaccensione dei materiali combustibili ivi presenti, originando altri focolai. Lo stesso calore può, nondimeno, ostacolare l’evacuazione dei locali e complicare l’azione di spegnimento dell’incendio.

Inoltre, la necessità di montare le vetrate su un apposito telaio e, conseguentemente, l’impiego di guarnizioni e fermavetri in materiali plastici che tendono, sotto l’azione del calore, a fuoriuscire dalla loro sede, permette il passaggio dei fumi generati dalla combustione che in tal modo possono invadere anche i locali non ancora interessati dall’incendio.

Come se non bastasse le lastre di vetro, se investite direttamente dalle fiamme, si rompono nel volgere di pochi istanti, mentre possono resistere fino ad una temperatura di 100/170° C se riscaldate per irraggiamento. Una volta però che sia raggiunta la temperatura di rammollimento, inevitabilmente la lastra tenderà ad uscire dalla sede.

Tutto questo, ovviamente, nel caso di lastre di vetro "normali", mentre in questo articolo si parla di ben altro: vetri con caratteristiche tecniche speciali montati su telai con guarnizioni aventi anch’esse caratteristiche adeguate, come vedremo fra breve.

Le applicazioni di tali manufatti sono numerosissime, in particolar modo laddove la necessità di un’adeguata protezione passiva dal rischio d’incendio si accompagna ad esigenze estetiche particolari come, ad esempio, ospedali, locali di pubblico spettacolo, alberghi, banche, centri commerciali eccetera.

Questo tipo di soluzione presenta innegabili vantaggi, fra i quali voglio sottolineare l’ottimale controllo visivo delle aree a rischio e la possibilità di avvicinarsi in modo abbastanza sicuro alla vetrata che, dalla faccia opposta a quella dell’incendio, rimarrà ad una temperatura più bassa, consentendo ai Vigili del Fuoco di prendere decisioni meglio calibrate dopo aver valutato l’entità e l’ubicazione delle fiamme.

Si rende ora necessario aprire una breve parentesi per parlare del concetto di resistenza al fuoco di un elemento costruttivo, secondo quanto definito dal Decreto del Ministero dell’Interno 339 del 30 novembre 1983 "Termini e definizioni di prevenzione dell’incendio".

Nel decreto citato si valuta l’attitudine di un elemento costruttivo, sia esso un componente od una struttura portante, a conservare, secondo un programma termico prestabilito, la stabilità, la tenuta e l’isolamento termico.

Nella seguente tabella potremo avere un’idea più precisa di tale valutazione della quale ho già accennato nei paragrafi riguardanti il vetro retinato ed il vetrocemento.

 

R

Con il simbolo "R" si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un determinato periodo di tempo, la sua stabilità

RE

Con il simbolo "RE" si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un determinato periodo di tempo, la sua stabilità e la tenuta

REI

Con il simbolo "REI" si identifica un elemento costruttivo che deve conservare, per un determinato periodo di tempo, la sua stabilità, la tenuta e l’isolamento termico

 

In relazione ai suddetti requisiti, gli elementi costruttivi vengono inoltre classificati con un numero che esprime i minuti primi per i quali la resistenza in questione si esplica ossia: 15, 30, 60, 90, 120 e 180.

E’ evidente che, per quegli elementi costruttivi che non hanno funzione portante, il criterio "R" (resistenza) è automaticamente soddisfatto qualora lo siano i criteri "E" (tenuta) ed "I" (isolamento termico).

Non esistendo una normativa specifica riguardante le modalità di impiego delle lastre di vetro con caratteristiche di resistenza al fuoco, si fa in genere riferimento alle disposizioni contenute nella circolare del Ministero dell’Interno 91 del 14.9.1961 che ha per oggetto: norme di sicurezza per la protezione contro il fuoco dei fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile.

Per quanto concerne invece i locali di pubblico spettacolo, sono state emanate precise norme circa il comportamento che le strutture ed i materiali debbono presentare sotto l’azione del fuoco. Si veda in proposito quanto pubblicato nel Decreto del Ministero dell’Interno del 6.6.1983.

Ho già accennato, all’inizio, alle caratteristiche di resistenza al fuoco del vetro retinato e del vetrocemento, proseguo ora estendendo il discorso ad altri tipi di vetro, compresi gli stratificati, che riguardano più da vicino l’oggetto dell’articolo.

 

Resistenza all’incendio del vetro temprato:

 

Il vetro temprato può resistere integro fino alla temperatura di rammollimento che si aggira sui 600° C, sopportando senza rompersi una differenza termica fra la faccia esposta al calore dell’incendio e quella opposta, di 300-350° C.

Non è raro il caso in cui questi vetri sono rimasti integri al loro posto dopo una o due ore dall’inizio dell’incendio, grazie anche al tipo di serramento e di guarnizioni fermavetro, nonché a dimensioni ridotte delle lastre.

Particolare attenzione deve essere dedicata all’altezza di copertura del bordo del vetro ed alle guarnizioni di tenuta per evitare che, nella fase iniziale dell’incendio questa zona, posta all’interno dell’incastro del telaio e quindi schermata dal calore, rimanendo più fredda del resto della lastra, provochi una rottura del vetro per la differenza di dilatazione.

 

Resistenza all’incendio dei vetri termoisolanti:

 

Questi vetri sono costituiti da due lastre unite perimetralmente tramite un distanziatore metallico, in modo da formare un’intercapedine di aria, deidratata tramite appositi procedimenti, al fine di evitare fenomeni di condensa fra le lastre.

Comunemente conosciuto col nome di "vetrocamera", questo vetro presenta una caratteristica di limitazione della trasmissione del calore per irraggiamento che, se è valida per i comuni usi dell’edilizia residenziale, è del tutto insufficiente in caso di incendio.

Alcuni fabbricanti, allo scopo di elevare notevolmente tale caratteristica, hanno messo a punto un prodotto che utilizza, quale materiale isolante fra le due lastre, un gel trasparente che ha la proprietà di assorbire il calore radiante.

In tal modo si è ottenuto un prodotto avente caratteristiche fra REI 30 e REI 90, a seconda dello spessore del suddetto isolante.

 

Resistenza all’incendio dei vetri stratificati:

 

Abbiamo già visto come gli stratificati assumano caratteristiche di resistenza diverse a seconda del numero degli strati da cui sono composti, nonché del tipo di materiale plastico interposto fra le lastre di vetro.

Analogamente alle vetrate termoisolanti, alcuni costruttori hanno ottenuto una drastica riduzione del calore trasmesso attraverso lo stratificato per irraggiamento, inserendo uno strato di materiale siliceo denominato "intumescente" il quale, sotto l’azione del forte calore prodotto da un’incendio, si rigonfia ed opacizza limitando la trasmissione dell’energia termica.

In tal modo un manufatto composto da due strati di vetro di 3mm. con interposto uno strato di 3mm. del materiale siliceo di cui sopra, può essere considerato REI 30 e, se di spessore adeguato, arrivare sino a REI 90.

 

Criteri di installazione dei vetri resistenti all’incendio:

 

Nel mondo marinaro vi è un detto: "una catena è resistente quanto il suo anello più debole". Analogamente dobbiamo ricordare che, nella posa in opera di vetri aventi resistenza all’incendio, assumono un’ importanza fondamentale le caratteristiche dei materiali usati per l’installazione, che dovranno avere qualità di resistenza al calore pari, se non superiori, a quella delle lastre di vetro che supportano, oltre ad avere le caratteristiche atte a sopportare il peso, sempre notevole, dello stratificato.

Dovrà inoltre essere previsto un sufficiente spazio laterale fra il vetro multistrato ed il profilato metallico, al fine di consentire al vetro di espandersi sotto l’azione del calore senza fratturarsi anzitempo. Sarà quindi imperativo usare telai in profilato di acciaio zincato e controtelai saldamente ancorati alle opere murarie tramite zanche cementate o tasselli metallici ad espansione.

Le guarnizioni fermavetro potranno essere utilmente sostituite, o al limite integrate, da sigillanti aventi elevate caratteristiche di resistenza termica, così da garantire la tenuta al fuoco ed ai fumi.

Prove integrative effettuate dall’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici A.N.I.A.

Come ben sappiamo l’impegno profuso dalla malavita per superare ogni ostacolo che si frapponga fra costoro ed i valori che essi intendono sottrarre, non conosce limiti.

L’abilità con la quale alcuni criminali riescono a trovare le soluzioni che conducono al raggiungimento del loro obiettivo, sorprende per la fantasia e l’inventiva dimostrate.

Nel caso specifico dei vetri stratificati l’attacco può essere portato, sic et simpliciter, per mezzo di martelli o mazze, solo da ladruncoli di mezza tacca poiché le possibilità di successo sono limitate ai cristalli anticrimine di spessore più modesto, generalmente composti da due soli strati di vetro intercalati da uno di PCB e quindi destinati alla protezione di merci esposte aventi un valore contenuto come, per esempio, telefoni cellulari, autoradio, orologi eccetera.

In altri casi, nei quali lo stratificato è posto a protezione di beni di rilevante valore, gioiellerie, banche eccetera e quindi ha un numero di strati ben maggiore, l’attacco può essere ipotizzato attraverso l’uso combinato di metodologie diverse da quelle semplicemente meccaniche, come ad esempio il concomitante o preliminare uso di mezzi termici.

Il riscaldamento dei vetri multistrato attraverso l’uso di fiamme, anche se di modesta energia, quali, ad esempio, quelle denominate "Camping-gaz" usate dagli idraulici per le saldature a piombo, ne determinano il rapido decadimento delle caratteristiche meccaniche.

Ovviamente il suddetto decadimento varia in funzione del tempo a disposizione dell’attaccante, della possibilità di operare senza essere visti, delle metodologie di attacco e, infine, del potere calorifico sviluppato dalla sorgente termica.

Al limite non è esclusa la possibilità di attacco attraverso l’uso di gruppi ossiacetilenici portatili, facilmente reperibili in commercio a prezzo non elevato e di peso e dimensioni assai contenuti. Un tale strumento, potendo sviluppare temperature dell’ordine di 3.050° C, è perfettamente in grado di aprire un varco attraverso il vetro blindato, nel volgere di pochi minuti e con una certa facilità. (si veda la foto seguente. Il telefonino serve a far capire le dimensioni)

 

ossiacetilenico.gif

 

 

Anche l’uso di un attrezzo, chiamato "carota" nel gergo della malavita, costituito da una grossa ventosa al cui centro è imperniato un compasso terminante con una punta diamantata e dotato di una maniglia in materiale morbido, permette di praticare un foro nel vetro attraverso cui è poi agevole introdurre un braccio od un gancio metallico con cui asportare oggetti di valore di piccole dimensioni.

Alcuni anni addietro l’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici, ANIA, prendendo atto che le prove di resistenza dei vetri stratificati anticrimine (norma UNI 9186) effettuate dall’Ente Nazionale di Unificazione si riferivano esclusivamente ad azioni di tipo meccanico, ha ritenuto opportuno effettuare delle prove integrative, riconoscendo che la criminalità si avvale, sovente, di mezzi che vanno al di là di tale semplice attacco.

A tale scopo ha predisposto dei provini delle dimensioni di 60X90 cm. sottoponendoli a prove di sfondamento comprendenti tanto l’azione meccanica quanto quella termica.

I campioni sottoposti a prova sono stati raggruppati nelle seguenti categorie:

·        Vetri stratificati costituiti da due lastre di vetro con interposto uno strato plastico di PVB, con spessore totale di 11-12mm.

·        Vetri stratificati costituiti da due lastre di vetro con interposto uno strato plastico di PVB, con spessore totale di 19-21mm.

·        Vetri stratificati costituiti da tre lastre di vetro con interposti due strati plastici di PVB, con spessore totale di 29-31mm.

·        Vetri stratificati costituiti da quattro lastre di vetro con interposti tre strati plastici di PVB, con spessore totale di 38-39mm.

·        Vetri stratificati costituiti da quattro lastre di vetro con interposti tre strati di silicati trasparenti termoespandenti, con spessore totale di 21-22mm

·        Lastra monolitica di PCB con spessore di 9,4mm.

·        Vetri stratificati compositi, costituiti da due lastre esterne di vetro con interposta una lastra di PCB e due strati di film plastico fra i vetri ed il PCB, con spessore totale di 11-12mm.

Tali prove, effettuate presso la Stazione Sperimentale dei Vetri di Murano (VE) e presso l’Istituto Giordano di Bellaria (FO), sono state effettuate sia in conformità alla norma UNI 9186, tramite una massa battente in caduta pendolare, sia, al di fuori della norma, tramite martelli di vario peso e conformazione.

Inoltre, cosa a mio parere di grande interesse dal punto di vista dei dispositivi antifurto, è stato posto sulla faccia posteriore del provino, un rivelatore microfonico di rottura vetri per verificare se taluni attacchi potessero produrre nelle lastre varie risposte, in relazione alle diverse frequenze del rumore provocato dalla rottura delle stesse. Nonostante la collocazione non proprio ottimale di tale rivelatore, si è potuto constatare che essi mantengono, sostanzialmente, la loro affidabilità in tutte le condizioni di attacco, rendendosi preziosi strumenti complementari dei sistemi di rivelazione dell'effrazione.

I risultati delle prove alle quali è giunto lo studio dell’ANIA confermano le esperienze già acquisite nella pratica, riguardanti il rapido decadimento delle caratteristiche meccaniche di resistenza dei vetri stratificati in presenza di attacchi simultanei, termici e meccanici.

Tale modificazione strutturale varia a seconda che si tratti di vetri stratificati o di materiali sintetici portando comunque a risultati decisamente preoccupanti per la sicurezza dei valori protetti.

Sono state fatte anche prove tendenti a portare un brusco raffreddamento delle lastre ma, questa volta, senza risultati apprezzabili a causa della cattiva conducibilità termica del materiale. Probabilmente si potrebbero ottenere risultati diversi impiegando mezzi di raffreddamento molto più intensi quali, ad esempio, l’azoto liquido, anche se, a tutt'oggi, non si hanno notizie dell’uso di questo gas a fini criminosi.

Resta il fatto che i vetri costruiti difformemente dai requisiti richiesti dalla già citata norma UNI 9186 offrono un grado di sicurezza più apparente che sostanziale. La loro installazione quale mezzo di difesa di beni di rilevante valore, deve essere integrata, a mio parere, da concomitanti misure preventive, quali sistemi di allarme eccetera. In caso contrario la loro presenza è da ritenersi di modesta utilità limitandosi a costituire un deterrente solo per i delinquenti meno preparati.

I manufatti conformi offrono invece un buon grado di resistenza agli attacchi meccanici pur se degradando in modo consistente sotto l’azione di attacchi termici, pertanto anche in questo secondo caso sarà buona norma preventiva abbinarvi l’uso di rivelatori di effrazione elettronici. Inoltre sarà opportuno che le vetrate rimangano prive di sistemi di chiusura, quali serrande metalliche avvolgibili, per il solo tempo necessario all’esposizione delle merci.

Per quanto riguarda i vetri stratificati con prestazioni antincendio, la loro resistenza all’attacco con mazze o martelli non ha evidenziato prestazioni significative mentre i risultati, se abbinati con i vetri anticrimine, sono senz’altro interessanti incrementando anche la resistenza agli attacchi termici.

La conclusione di tali prove è dunque che, in tutti i casi ove la protezione rimane affidata alle sole trasparenze anche in ore notturne e/o scarsamente illuminate e frequentate, è da ritenersi indispensabile integrare la protezione fisica con adeguati impianti di allarme antifurto ,dotati anche di rivelatori di rottura vetri, meglio se collegati con le Forze dell’Ordine o con istituti privati di vigilanza.

Allo stato attuale le compagnie assicuratrici, di cui l’ANIA è l’organo associativo, richiedono sempre più l’adeguamento a queste norme di sicurezza quale "conditio sine qua non" per assumere il rischio assicurativo su valori elevati.

Per finire ricordo che, per la stesura del presente articolo, mi sono avvalso di un estratto dei dati contenuti nelle seguenti normative UNI alle quali rimando coloro che volessero, per ragioni professionali o d’altro genere, approfondire l’argomento:

 

UNI EN572:

Vetro per edilizia a base di silicato sodo-calcico. Definizioni e proprietà fisiche. (sostituisce la UNI 5832)

UNI 6534:

Vetrazioni in opere edilizie. Progettazione, materiali e posa in opera.

UNI 7144:

Vetri piani, isolamento termico

UNI 7170:

Vetri piani. Isolamento acustico.

UNI 7172:

Vetri piani e vetri stratificati per edilizia ed arredamento

UNI 9186:

Vetri piani e vetri stratificati per edilizia ed arredamento con prestazioni antivandalismo ed anticrimine.

UNI 9187:

Vetri piani e vetri stratificati per edilizia ed arredamento con prestazioni antiproiettile.

UNI 10593:

Vetro per edilizia. Vetrate isolanti. Generalità e tolleranze dimensionali. (sostituisce la UNI 7171)

L’U.N.I. Ente Nazionale Italiano Di Unificazione, ha i propri uffici amministrativi in via L. Battistotti Sassi, 11B - 20133 Milano tel. (02) 700241 ed uffici distaccati nelle principali città Italiane. L’indirizzo del sito Internet è: http://www.uni.com

 

Claudio Ballicu

 Bibliografia:

AA.VV. Materiali trasparenti per la prevenzione furto e incendio, Edizione A.N.I.A. Milano sett.1992

Paolo Romanini, L'invisibile sicurezza, in "ForceSecurity" 11/1990 Edizioni Pucci

Enrico Manieri, La scelta vincente del serramento blindato, in "ForceSecurity" 10/1990 Edizioni Pucci

Enrico Manieri, Il vetro a difesa della vostra casa, in "ForceSecurity" 11/1991 Edizioni Pucci

Enrico Manieri, Il problema finestra, in "ForceSecurity " 11/1992 Edizioni Pucci

Odile Limousin, Storia del vetro, traduzione di Giulio Lughi, revisione scientifica dei testi di Jael Camerini. E. Elle, Trieste 1985.

Dan Klein, Ward Lloyd, Storia del vetro, edizione italiana a cura di A. Dorigato, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1984

Il vetro : appunti dalle lezioni di tecnologia dei materiali e chimica applicata / tenute dal prof. Vittorio Gottardi. Patron, Bologna 1976

 

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